"Prendere
d'assalto il cielo"
è uno dei motti del ricercatore dello spirito, il cui significato invita ad
accelerare il naturale, e lento, procedere dell'evoluzione individuale
attraverso ripetute incarnazioni più o meno simili le une alle altre. Quel
motto invita a fare un salto, a dare un colpo di reni, violentando quasi la
natura in favore di un avanzamento che si potrebbe definire
"soprannaturale". È la via iniziatica, che tuttavia è prevista,
perché non si tratta di nient'altro che di anticipare la via riservata, più
tardi, a tutti gli altri. Ma percorrere tale via più breve - ma assai più
stretta - richiede volontà ferma e capacità di sacrificio. Ed è proprio su
quest'ultima parola che c'è da riflettere: spesso ci viene ricordato come
"sacrificio" e "sacrificare" voglia dire "rendere
sacro"; ma al giorno d'oggi sappiamo che cosa davvero vuol dire
sacrificio?
È
un termine che suona quasi come una bestemmia nel mondo moderno, nel quale
sembra che ogni cosa, ogni desiderio, possa essere immediatamente soddisfatto,
in questo modo annullando lo sforzo sia di volontà che di sacrificio. Ma se ci
guardiamo attorno la soddisfazione di ogni capriccio non pare portare alla
felicità cui si aspirava; pare anzi che meno fatica si debba fare per ottenere
qualcosa, meno contenti siamo nel momento in cui il desiderio si avvera.
Raccontano le persone più anziane che ai loro tempi le cose non stavano proprio
così: si desideravano cose che oggi sono alla portata di chiunque, ma quanta
fatica, quanto lavoro e quanta attesa prima di poterle realizzare. E quell'attesa
era come una specie di carica, che più si accumulava più sprigionava gioia nel
momento tanto atteso della soddisfazione. Oggi è tutto veloce, tutto, o quasi,
a portata di mano, ed è spesso come un ingoiare velocemente tanto cibo, senza
soffermarci a gustarlo. Senza più forza di volontà e soprattutto senza più
sacrificio. Ma se guardiamo alle vecchie foto ingiallite che si usavano fare
una volta, vediamo per lo più volti sorridenti, magari per l'occasione, mentre
basta dare un'occhiata a tanti giovani dei nostri giorni, per scoprire più
insoddisfazione, sguardi insoddisfatti se non arrabbiati. Le sfilate di moda
rappresentano uno specchio fedele di un tale spirito: le modelle con passo
svelto ti passano davanti con occhi truci e corrucciati, e sembra che siano
pronte a prendere a pugni il primo che passi loro davanti.
Che cosa concludere? Che non è la soddisfazione di un desiderio - anche
sessuale, considerato che nel "libero" mondo occidentale abbiamo
sempre più problemi di sterilità - a renderci felici. La felicità può nascere
solo da dentro, mentre i desideri vengono da fuori; e anche doversi sacrificare per "rendere
sacra" una cosa qualsiasi è un ottimo esercizio per riuscire ad
"assaltare il cielo". La scelta è personale, e deriva dalla risposta
alla domanda: ne vale la pena?
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