DIAPASON Ottobre 2017 - Brilla lì, dove sei!

I  "tempi" avanzano veloci, e molti indizi possono far pensare ai cambiamenti che indicano i momenti salienti di passaggio da un'era alla successiva. Fra questi indizi, certamente è da annoverare la necessità di riempire l'animo umano dal vuoto interiore che sempre più individui sentono, con la corrispondente domanda di rivedere la propria visione del mondo e di se stessi. Si cerca un cambiamento, e come tutte le domande anche questa instaura una rincorsa alle risposte.
Ne consegue la nascita di discipline cosiddette alternative, cosa che se da un lato può essere un bene, richiede attenzione sotto almeno due punti di vista:
1. Guardiamoci dal costruire una specie di "società alternativa", perché questa sarà sempre vissuta da chi vi è dentro, e vista da chi è al di fuori, come una organizzazione antagonista, anziché una integrazione; chiunque ci tenga legati ad una organizzazione di carattere esteriore non ha il nostro bene come fine, ma la crescita dell'organizzazione stessa. Chi, d'altra parte, possiede degli strumenti tali da saper dare delle risposte, a se stesso e agli altri, a quella ricerca, dovrebbe porsi come un lievito nell'ambiente in cui già si trova, invece di opporsi estraniandosi da esso, talvolta denigrandolo in modo sterile.
2. E questo ci porta al secondo punto di vista: dovremmo fare anche attenzione a non cercare attività diverse per semplice attrazione verso la diversità, o perché la cosiddetta normalità non ci soddisfa più: la persona che si trova sul sentiero spirituale non fa cose diverse dagli altri, ma fa le stesse cose che faceva prima o che fanno gli altri, ma con spirito diverso, brillando, come recita la poesia che ci trasmette Max Heindel, lì dove si trova.
Un altro ostacolo all'apertura di coscienza verso un orizzonte più vasto del consueto può essere la paura; paura di abbandonare un'idea che, per quanto vecchia, abbiamo condivisa fino al giorno prima, paura, in altre parole, di lasciare il noto per l'ignoto. Sentiamo una spinta interiore, ma fatichiamo a riconoscerla come richiedente quella libertà di pensiero che sola può condurci verso la soluzione del problema. Ma la sola alternativa sarebbe quella di rimanere nella insoddisfazione, magari cercando di nasconderla a noi stessi; ma prima o poi verrà fuori, e senza una via da percorrere rischierà di farci legare al primo gruppo o alla prima scuola che ci capiti sotto mano. No, la libertà ha come contraltare la responsabilità, e noi abbiamo la responsabilità verso noi stessi di prepararci per i nuovi tempi con serietà e impegno, sapendo che nessuno può fare il lavoro al posto nostro, e che perciò non siamo dipendenti da nessuno, rispondendo solo alla nostra coscienza.

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